Dopo la notizia della partecipazione al Festival di Sanremo del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, tutta la politica italiana in blocco è insorta contro la decisone presa dalla Rai.
Dal 7 all’11 febbraio, come tutti ben sappiamo, andrà in onda il Festival di Sanremo che grazie al sapiente e strategico lavoro di Amadeus è risorto dalle sue stesse ceneri, tanto da esser ritornato uno degli appuntamenti televisivi più attesi in Italia e non solo. E proprio grazie alla forte attrattiva mediatica che edizione dopo edizione Sanremo sta riscuotendo, quest’anno si è deciso di alzare l’asticella, con un con un collegamento video registrato nel corso della serata finale in cui parlerà Volodymyr Zelensky.
Proprio a febbraio il presidente ucraino dovrà fare i conti con una desolante realtà: il 24 febbraio sarà passato esattamente un anno dall’invasione russa, un “anniversario” che fa riflettere e forse, proprio per non abituarci agli orrori della guerra e della violenza, la Rai ha deciso di lasciare spazio a chi vive quotidianamente una situazione disastrosa e complicata.
Tuttavia, la notizia non è stata accolta nel migliore dei modi e tutta la classe politica, sorprendentemente compatta e unita, si è scagliata contro la partecipazione, anche se videoregistrata, di Zelensky a Sanremo.
Tutti i no della politica italiana a Volodymyr Zelensky
Come dicevamo prima tutti, ma proprio tutti, sono contrari all’intervento di Volodymyr Zelensky al Festival di Sanremo, un atto politico che per tutti ha poco a che vedere con fine ultimo dello spettacolo, ovvero la musica, punto centrale ad esempio della dichiarazione di Matteo Salvini in merito. “Speriamo che Sanremo rimanga il festival della canzone italiana e non altro. Avranno fatto le loro valutazioni, quello che spero è che la guerra finisca il prima possibile e che il palcoscenico della città dei fiori rimanga riservato alla musica”, ha specificato il leader della Lega.
Ma c’è stato anche chi è andato oltre, opponendosi fermamente alla proiezione del video parlando addirittura di una ridicola buffonata. Stiamo parlando di Alessandro Di Battista, da sempre critico e scettico sul supporto della Nato e di tutto l’Occidente all’Ucraina, un tema questo che interessa, anche se ormai lui non ne fa più parte, tutto il Movimento 5 Stelle. “Se stabiliamo che si inizia a rendere una manifestazione canora un luogo di dibattito di questioni politiche, allora che si parli anche di quello che sta avvenendo in Palestina”, ha spiegato all’Ansa l’ex pentastellato sottolineando però come non prenderà parte alla manifestazione dell’11 febbraio a Sanremo, anche ha firmato e condiviso la petizione di alcuni intellettuali per bloccare la presenza di Zelensly al festival.
Ma la lista di politici è ancora lunga. Anche Giuseppe Conte si è detto contrario: “Non credo sia così necessario avere Zelensky in un contesto così leggero come quello di Sanremo”, così come Carlo Calenda che ha parlato su Twitter di un errore unire insieme musica e politica, ovvero due aspetti che da sempre hanno camminato in realtà di pari passo, dai tempi dell’opera lirica.
Ci sono pochi dubbi sulla nostra linea di sostegno all’Ucraina. Ritengo tuttavia un errore combinare un evento musicale con il messaggio del Presidente di un paese in guerra.
— Carlo Calenda (@CarloCalenda) January 27, 2023
Infine, anche Maurizio Gasparri, pur rispettando il popolo ucraino e il Festival di Sanremo in quanto istituzione tutta nostrana, trova l’accostamento decisamente fuori luogo. “Viviamo in un frullatore mediatico dove si può passare da un balletto a una canzonetta e poi denunciare l’aggressione all’Ucraina. Trovo questo accostamento sorprendente”, ha detto senza mezzi termini intervistato da “Radio Radicale”.
Articolo di Karola Sicali