Da mesi non si sa nulla del 37enne ivoriano Daouda Diane che aveva denunciato le terribili condizioni lavorative sue e dei suoi compagni.
Ha avuto solo il tempo di filmare e denunciare le terribili condizioni lavorative prima di sparire nel nulla lo scorso 2 luglio. Da allora Daouda Diane, originario della Costa d’Avorio, operaio, mediatore culturale, sindacalista, marito e padre di un bambino, sembra essere scomparso nel nulla ad Acate, un paesino di provincia di Ragusa.
Inquadrato col telefonino il cementificio alle sue spalle, Daouda aveva raccontato al fratello che quello non era per nulla lavoro, ma una condizione logorante, ai limiti della schiavitù, senza protezioni e tutela di alcun tipo. Nel video, infatti, il 37enne tiene il martello pneumatico nelle mani senza guanti e con una mascherina logora sul viso. “Inutile che nel nostro Paese andiamo a raccontare che lavoriamo in fabbrica. Questi sono posti pericolosi, qui si muore”.
E ormai, perfino la procura di Ragusa si è convinta che Daouda sia morto proprio a causa dei padroni che aveva denunciato. Dopo poche ore, infatti, il cellulare del 37enne si spegne, ma non è possibile ricostruire i suoi movimenti: le telecamere interne al cementificio della Sgv Calcestruzzi sono rotte e da quelle in strada non si vede nulla di particolare. Ma dov’è finito Daouda Diane?
Daouda Diane: la versione del titolare non convince gli inquirenti
“È uscito a mezzogiorno, io non c’ero ma me l’hanno riferito. È venuto alle otto, chiedendo di svolgere qualche lavoretto di pulizia, è stato pagato e se n’è andato. Non abbiamo nulla da temere”, ha raccontato il titolare dell’azienda, Gianmarco Longo, che ha aggiunto come fosse “Una presenza saltuaria e amichevole, teneva compagnia al personale, rendendosi utile a spazzare il cortile, ottenendo in cambio una piccola somma”. Ma le cose non stanno affatto così.
Il procuratore di Ragusa, Fabio D’Anna è certo invece del fatto che il 37enne lavorasse in nero nel cementificio, proprio per questo si sta indagando per omicidio e occultamento di cadavere. Anche se le ricerche sono state tardive, l’amico di Daouda, infatti, Marcire Doucoure, ha sporto denuncia solo 8 giorni dopo la scomparsa del 37enne, quando non sapeva più dove cercarlo. Di lui erano quasi magicamente sparite le tracce.
Al momento quindi, l’indagato principale resta Gianmarco Longo. Il padre Carmelo Longo è stato indagato in passato per associazione a delinquere finalizzata alla truffa e alla turbativa d’asta. Ma non solo. Suo zio Giovani, il fratello di Carmelo, nel 2019 è stato arrestato nel 2019 per presunto coinvolgimento col clan mafioso di Vittoria.
Nessuno, quindi, crede che Daouda, dopo il video, si sia allontanato volontariamente da Acate, anche perché è stato trovato nella sua abitazione il biglietto aereo di 600 euro, il permesso di soggiorno, i soldi e il passaporto. E la moglie Awa, come riportato da ‘La Stampa’ ormai chiede solo di poter avere indietro suo marito. “Queste cose possono accadere da noi, in Africa, non in un Paese civilizzato come l’Italia. Restituitemi almeno il suo corpo in modo che possa pregare per lui”.
Articolo di Karola Sicali