Il 2023 si apre con una serie di novità importanti sul fronte delle pensioni: anche se è ancora tutto da decidere. Cosa sappiamo al momento
Se da un lato la manovra di Bilancio ha passato, seppur in extremis, gli step di Camera e Senato, dal punto di vista delle pensioni tutto tace. O quasi. Se infatti nulla è ancora stato deciso, tanto si sa di quello che potrà essere il quadro, in merito a questo capitolo, per il 2023.
La prima data che potrebbe sbloccare l’impasse è il 19 gennaio, giorno dell’atteso confronto tra governo Meloni e parti social con, al centro, la nuova riforma previdenziale per superare, dal 2024 (per gradi) la legge Fornero. Le ipotesi sul tavolo sono tante e lo scenario è ancora nebbioso ma i punti al centro dell’analisi restano due: il bonus Maroni da un lato e Opzione Donna dall’altro.
Tra le fila del nuovo esecutivo c’è chi, mediante ritocchi al decreto Milleproroghe, vorrebbe allentare la stretta che scatterà dal 2023 su Opzione Donna; che, come previsto da quanto riportato sul testo finale della manovra prevede la possibilità di uscita soltanto ad alcune specifiche categorie quali caregiver oppure lavoratrici con un’invalidità civile uguale o superiore al 74% o ancora alle lavoratrici licenziate. Andando di fatto ad escludere una moltitudine di lavoratrici dipendenti ed autonome che entro il 31 dicembre 2022 hanno maturato i requisiti richiesti dal precedente schema in vigore, per accedervi. Requisiti che prevedevano di avere almeno 58 anni o 59 se autonome e 35 anni di contributi per ottenere il pensionamento anticipato con ricalcolo contributivo dell’assegno. Anche il requisito anagrafico cambia: si richiedono ora 60 anni, che scendono a 59 o 58 solo in presenza di uno o due figli. A conti fatti 2900 lavoratrici in tutto potranno beneficiarne.
Molto lavoro bisognerà ancora portare avanti, nelle prossime settimane, per arrivare a definire quali lavoratori dipendenti potranno beneficiare del bonus Maroni, una somma di denaro che verrà erogata direttamente in busta paga a coloro che saranno in possesso dei requisiti per Quota 103 ovvero 62 anni d età e 41 anni di contributi ma decideranno di rinviare l’uscita. Il governo dovrà stabilirlo mediante un decreto ministeriale ad hoc, previa decisione dei ministeri del Lavoro e dell’Economia, andando così a definire le modalità di attuazione ed erogazione di tale bonus, una quota contributiva del 9,19% circa che anziché andare all’ente previdenziale verrà ricevuta dal lavoratore. Da questo punto di vista la data utile è il 31 gennaio 2023, entro la quale il decreto dovrà essere emanato: se così non fosse non sarà possibile utilizzare questo bonus che potrebbe andare a beneficio di circa 6.500 lavoratori.
Nulla di fatto per quanto riguarda la possibilità di una proroga secca, tentativo naufragato a causa delle risorse che occorrerebbero, circa 80 milioni per il 2023 e 240 milioni per l’anno successivo.
L’insistenza dell’opposizione affinchè venisse allentata la stretta era ben vista anche dal ministero del Lavoro ma non è stato superato lo scoglio economico, anche se, come sottolineato dal sottosegretario al Lavoro Durigon “abbiamo tempo per apportare miglioramenti”.
Articolo di Daniele Orlandi
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