Aprire una partita iva è un passaggio di fondamentale importanza per la propria attività professionale e per la propria vita in genere. Ma è necessario affidarsi a un professionista per evitare brutte sorprese. Ecco tutte le possibili insidie.
Decidere di aprire una partita iva per svolgere la propria attività è un passo molto importante perché è un impegno e un’assunzione di responsabilità che comporta obblighi, il rispetto di determinate scadenze e una tenuta ordinata e aggiornata della propria contabilità e delle scadenze.
Inoltre occorre avvalersi della consulenza di un commercialista, e già questa è una prima scelta importante che può avere impatto sul proprio futuro economico, fiscale e previdenziale. Ma ci sono molti altri step a cui prestare particolare attenzione, perché la distrazione rispetto ad uno di questi potrebbe, in effetti, comportare delle conseguenze. Ecco, dunque, le insidie nell’apertura di una partita iva e i particolari rispetto a cui non è consentito abbassare la guardia.
Partita iva, tutte le insidie cui prestare attenzione
L’apertura di una partita iva è un passaggio importante. Se ci si accinge a fare questo passo significa, in soldoni, che si sta compiendo un passaggio da un’attività di tipo occasionale, di breve durata e svolta saltuariamente, a una di tipo continuativo. Questa è sicuramente una buona notizia. La cattiva è che la tenuta di una partita iva richiede impegno, costanza e attenzione ai dettagli.
La prima insidia in tal senso è proprio la scelta del commercialista. Si tratta di un professionista che deve seguire passo dopo passo il cliente consigliandolo rispetto ai vari passaggi e indicandogli anche eventuali bonus, agevolazioni, contributi a cui può accedere. La seconda sono le scadenze, da osservare rigorosamente: la mancata osservanza può tradursi nell’applicazione di sanzioni. C’è una massima, poi, da tenere bene in mente: il diavolo si nasconde nei dettagli.
I dettagli da non trascurare
Innanzitutto c’è la necessità di scegliere se adottare il regime ordinario per chi ha un fatturato superiore a una certa cifra (65mila euro) o per chi ha molte spese legate alla propria attività, mentre il regime forfettario è adatto a chi sta aprendo la propria attività o a chi ritiene di avere un fatturato inferiore a 65mila euro.
In quest’ultimo caso, i costi sono determinati forfettariamente e sono contemplate dunque alcune semplificazioni dal punto di vista burocratico, in primo luogo l’esenzione dall’Iva. Ne consegue che la decisione su quale regime adottare – che richiede anche la corretta valutazione di cause di esclusione e requisiti posseduti – è fondamentale.
Altra importante valutazione è quella relativa al codice ateco, che è il codice che identifica il raggio d’azione della propria attività. Un’insidia importante si cela dietro la serie di numeri ad esso associati: sì, perché nel regime forfettario sulla base di tale indicazione si determina il coefficiente di redditività nonché la cassa previdenziale di appartenenza (ad es. la scelta del codice relativa all’attività di giornalista indipendente è associata all’iscrizione alla cassa Inpgi), elementi fondamentali per determinare, in soldoni, le imposte da versare. Si tratta, pertanto, anche in questo caso, di una valutazione importante, da affidare a un professionista per non avere sorprese spiacevoli.