Ha taciuto la sua malattia al pubblico che l’ha amata come una diva. Perché diva lo era e lo è stata fino all’ultimo. Una scelta personale, di grande discrezione, quella di Raffaella Carrà. Come del resto ha vissuto tutta la sua vita: con lei se n’è andata una vera icona pop, moderna senza mai essere volgare o inopportuna.
Una malattia taciuta ai tanti fan e una morte che ha lasciato tutti di stucco: il Paese si sente ora orfano di una delle sue dive. Perché Raffaella Carrà questo era: una diva ma senza manie di protagonismo. Eppure se le sarebbe potuta permettere: bellissima, moderna, portatrice di un’idea innovativa di fare spettacolo, capace, competente, in grado di tenere gli spettatori incollati ore alla tv a guardarla mentre ballava.
Una professionista nel suo campo, sempre con il sorriso sulle labbra e una risata cristallina pronta a travolgere il suo interlocutore. Lo stile era il suo tratto distintivo, in tutto e fino all’ultimo. La moda la interpretava a modo suo, sapeva essere una protagonista della scena ma senza mai essere volgare. Era elegante anche con l’ombelico di fuori, un fatto che destò scandalo nell’Italia perbenista del tempo. Lei era così, libera. E lo è stata pure nella malattia.
Raffaella Carrà, icona pop dal caschetto perfetto, simbolo delle battaglie lgbt+ per i diritti civili, esordì giovanissima nello spettacolo, iniziando a studiare danza e recitazione. Poi venne il varietà, il maestro Antonello Falqui, Mina, le gemelle Kessler e Corrado. Era una tv senza colori ma piena di colore in cui le dive del tempo facevano spettacolo senza dare spettacolo: quanta nostalgia per un mondo scomparso.
Fu moderna in tutto, Raffaella Carrà: il suo Carramba che sorpresa! fece talmente tanto scalpore da entrare nel modo di dire comune di tutti gli italiani. Parlava di alcuni temi in piena libertà. Il suo tuca tuca e la sua “A far l’amore comincia tu” sono simboli, ancora di straordinaria attualità, di amore vissuto in maniera libera da schemi. Eppure lei, il suo personale amore, lo visse lontano dai riflettori. Sergio fu il compagno di una vita, ma nel più assoluto riserbo. Ed è in questo quadro che va collocato il silenzio per la sua malattia.
Raffaella Carrà aveva lo straordinario dono di fare spettacolo senza essere inopportuna e fuori luogo. Alle luci dei riflettori lei offriva la sua arte e il suo talento, ma non il suo privato, i suoi sentimenti, le sue difficoltà. C’è chi lo fa ed è ugualmente una scelta rispettabile. Talvolta, parlare di malattia può essere utile, per esempio, a sensibilizzare sulla prevenzione.
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Ma Raffaella Carrà era una donna superdiscreta. Avrebbe potuto contare su un grande supporto raccontando del suo male – secondo fonti online un cancro – ma ha scelto il silenzio. Tenendo all’oscuro tutti, spegnendo i riflettori su una vicenda privata, vissuta nell’intimità e consegnando per sempre, così, il suo nome alla leggenda.
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